Fiori in metallo

La carriera artistica di Osvaldo Tiberti inizia formalmente nel 2000 quando, giovanissimo, entra nel processo collettivo di ricerca denominato Com.plot S.Y.S.tem che – nella pluralità dei linguaggi -rivolge una particolare attenzione alla relazione tra arte e architettura. Il collettivo ha prodotto ragionamenti, pubblicazioni, seminari sull’allegoria dei sensi come metafora dell’abitare in senso lato con partecipazioni, tra le altre, alla X e XI Biennale di Venezia di Architettura.

Tra i suoi maestri Valentina Fontana e Massimo Mazzone.

Con una formazione nel campo dell’oreficeria e poi della decorazione, del mosaico, della fotografia, ma sempre con un occhio verso l’interdisciplinarietà della Bauhaus e l’intuizione rivoluzionaria dei Ready Made, che lo porta a seguire la sua ricerca su diversi piani: la progettazione passa da una disciplina all’altra, dal disegno all’incisione, dalla scultura al gioiello, adottando di ciascuna tecnica le sue peculiarità, ma conservando una linea che rimane quella del pensiero artistico.

Scrive di sé stesso: “E’ difficile definirmi solo scultore o solo orafo, dato che per me il passaggio dallo spazio urbano al gioiello è naturale: l’uno e l’altro sono da mettere in relazione all’Uomo che li abita. Per questo le mie sculture sono ‘sculture costruite’ quanto i miei gioielli sono ‘gioielli costruiti’: sono oggetti che abitano lo spazio e sono abitati da esseri umani.

Il desiderio costante, il bisogno è di continuare a creare, a costruire; dare forma alle espressioni dettate dal vivere cercando di non copiare, rifiutando la banalità e cercando “l’altro modo”. Il mio lavoro finisce appena l’opera è terminata, poi non è più per me. Sento che diventa di altri, ma soprattutto per altri. E il bisogno è di passare alla successiva: il modo in cui formalizzarla è un piacere, un’incognita e una sfida costante.”

osvaldo.tiberti@gmail.com

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